Le Serve di Jean Genet: commedia a teatro

Le Serve di Jean Genet

Premessa

Ieri sono andata a teatro e sono rimasta molto delusa della messa in scena. Non tanto dalla performance ma da come uno spettacolo, da me ritenuto di basso livello, riempia il teatro mentre altri spettacoli che valgono la pena facciano fatica a girare. E’un tema che mi sta molto a cuore e ogni volta mi domando come sia possibile. Penso che la gente non abbia più voglia di impegnarsi la testa di informazioni dopo il lavoro e preferisca vedere cose poco impegnative ma sentirsi figa nel dire “vado a teatro”. E’ un vero peccato. Il teatro non se lo merita, ma purtroppo non ci si può fare niente.

Fatto questo preambolo volevo però  parlarvi del testo dello spettacolo che ho visto. Ci sono molto affezionata e ieri, che era da un pò che non lo leggevo, l’ho riscoperto.

Le Serve di Jean Genet

Si tratta Le serve di Jean Genet scritto nel 1946. È una commedia tragica e violenta liberamente ispirata ad un fatto di cronaca realmente accaduto nel febbraio del 1933 a Le Mans, in Francia.

Il più straordinario esempio di quei mulinelli d’essere e d’apparenza, d’immaginario e di realtà, è una commedia di Genet a fornircelo. E’ il falso, il princisbecco, l’artificiale che, nella rappresentazione teatrale, attirano Genet. Egli diviene autore drammatico perché la menzogna della scena è la più manifesta e la più affascinante. Mai, forse, ha più sfrontatamente mentito che in Les Bonnes.Due cameriere amano e odiano insieme la loro padrona. Esse hanno denunciato l’amante di questa con delle lettere anonime. Venendo a sapere che sarà rilasciato in mancanza di prove, e che il loro tradimento sarà scoperto, tentano, una volta di più, di assassinare la Signora, falliscono, vogliono uccidersi a vicenda; finalmente una di esse si dà alla morte, e l’altra sola, ebbra di gloria, tenta di innalzarsi, con la pompa degli atteggiamenti e delle parole, fino al magnifico destino che l’aspetta.

Alcune considerazioni dei critici e dell’autore..

Le due storie, quella di cronaca e quella teatrale, sono accomunate dalla stessa impalcatura psicologica, cioè da tutto quello che succede nella fantasia delle due folli fantesche. Cesare Musatti scrive:

« Ci è ignota la storia segreta di quanto accaduto nella mente delle sorelle Papin per giungere al dramma, dato che le uniche notizie sono quelle confuse e frammentarie, fornite da loro stesse […] La lacuna è colmata da Genet: il quale presenta queste altre sorelle (o quelle stesse?) nella loro vita quotidiana, e nell’alternarsi fra fantasia e realtà, fra gioco del delitto e delitto reale: un alternarsi e un fondersi insieme. Ciò caratterizza la psicosi: il vivere la realtà come gioco e irrealtà, e il sentire come realtà la fantasia e il gioco »

Genet, dal canto suo, avrebbe voluto che le cameriere fossero interpretate da giovinetti. Scrive Jean-Paul Sartre:

« … il suo obiettivo era mostrare la femminilità senza femmina, mostrare una irrealizzazione, una falsificazione della femminilità, …e così radicalizzare l’apparenza. […] Le caratteristiche femminili dovevano essere solo “apparenza”, solo il risultato di una commedia, … come sogno impossibile di uomini in un mondo privo di donne. (…) Solange e Claire amano Madame, che nel linguaggio di Genet significa che vorrebbero essere Madame e appartenere all’ordine sociale di cui invece sono gli scarti… Ma secondo Genet è proprio dall’immaginazione di Madame che nascono tali scarti: basse, ipocrite, cattive, ingrate perché i loro padroni così le immaginano, esse fanno parte del “popolo pallido e multicolore che vegeta nella coscienza della gente dabbene”.

Claire nella parte di Madame dirà: “È grazie a me, soltanto a me, che la serva esiste. Grazie ai miei strilli e ai miei gesti”.Quando le presenta alla ribalta Genet non fa dapprima che riflettere i loro fantasmi alle donne oneste del pubblico… che non si accorgono di essere state loro stesse a crearle, come i sudisti hanno creato i negri. La sola reazione di quelle creature senza rilievo è che esse, a loro volta, sognano… ed immaginano di diventare il Padrone che le immagina »

Le due serve, insomma, non sono realmente “serve”, ma rappresentano tutti coloro che, in modo diverso e a diverso titolo, sono oppressi, rifiutati, reietti, considerati diversi e pertanto relegati ai margini.

Genet stesso nella prefazione al testo dà indicazioni alla messa in scena:

« Le attrici non devono salire in scena col loro naturale erotismo, imitare le donne che si vedono sullo schermo. L’erotismo personale, in teatro, degrada la rappresentazione. Le attrici sono perciò pregate, come dicono i greci, di non scodellar la fica in tavola. (“Le serve”) è una favola… Bisogna a un tempo crederci e rifiutarsi di crederci, ma poiché ci si possa credere occorre che le attrici recitino non secondo un modulo realistico. »

Cosa ne pensate?

Se voleste rileggere lo scritto di Jean Genet potete trovarlo con copertina flessibile pubblicato da Einaudi: Le Serve di Jean Genet

 

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